Avventismi… in cerca d’autore

Avventismi… in cerca d’autore

Articolo a cura di Luigi Caratelli

L’ingombrante profetessa
Mi piacerebbe trattare un argomento di attualità nella chiesa mondiale. Mi riferisco a un punto spinoso dell’avventismo: il posto che Ellen White ha nella nostra teologia.

Un mio carissimo amico, immaginando una ipotetica linea di demarcazione, mi diceva che non esiste solo l’errore di collocare al di sotto di tale tracciato l’esperienza di E. White, misconoscendone il dono e i requisiti allegati, ma esiste anche l’errore opposto: considerarla come «la sorella di Dio».

È naturale che a una esagerazione si reagisca, spesso con decisione. Anzi, è giusto farlo. L’importante è non cadere nello stesso errore di colui che critichiamo: esagerare in senso opposto.

Dove collocare Ellen White
La «linea» temporale ed esperienziale nella quale il Signore ha collocato la sorella White non è scelta a caso. Non è neppure soltanto il frutto dell’azione e della riflessione teologica della chiesa: Dio ha voluto così, e noi dobbiamo solo capire il perché, evitando la disgraziata esperienza di saltare inappropriatamente sia al disotto che al disopra di tale «linea» di demarcazione. In sintesi: non è saggio imbastire teologie in risposta alle esagerazioni. Si è esagerato nel collocare erroneamente E. White rispetto al disegno di Dio, ma il problema è in chi ha esagerato, non in E. White, e tantomeno in Dio.

Propongo un azzardo, anch’esso da sottoporre al vaglio: se Ellen White fosse vissuta nel 600 a.C., troveremmo scandaloso supporre che sarebbe stata un valido sostegno di profeti a lei – sempre ipoteticamente – contemporanei quali Geremia e Daniele? Ne conseguirebbe invece, a rigor di logica, sempre immaginando sull’ipotesi tracciata, che si sarebbe trovata inserita nel canone biblico in compagnia di Mosè, Isaia e una schiera di autori sacri a cui ci riferiamo per alimentare la nostra fede.

Soltanto supposizioni, non teologia. Lei stessa non ha mai preteso tanto in tutta la sua vita. Ma il suo ruolo, collocato in una linea temporale più vicina a noi, è stato lo stesso, con le debite distinzioni e varianti, che il Signore ha assegnato a Isaia, Daniele, ecc. La funzione di E. White non è stata diversa da quella dei giganti della Bibbia, cioè preparare il popolo di Dio, sempre e comunque, all’incontro con lui. Espressioni quali «Il Signore mi ha mostrato» o «L’angelo che mi accompagnava mi ha fatto vedere», stonano soltanto nella bocca dei presuntuosi, non dei profeti; che, comunque, non sono infallibili.

Lei, E. White, non lo avrebbe mai potuto dire, ma non sarebbe fuori luogo affermare che il suo ministero profetico è stato, ed è ancora, la realzzazione del sogno dei profeti biblici che, da lontano, hanno annunciato il tempo della fine, mentre proprio la debole donna del Maine, collocata esattamente nel tempo in cui scade la profezia delle 2.300 sere e mattine, raccoglie la loro eredità per illuminare gli «ultimi giorni».

Ellen White, è doveroso metterlo in chiaro, non è lo «Spirito di profezia», poichè tale definizione è biblicamente attribuibile a Gesù che è il vero unico profeta, e a tutti coloro che, secondo Paolo, cercano tale dono per edificare la chiesa,1 ma è senza dubbio un «anello» della stupenda «catena profetica» che viene definita «Spirito di profezia».

Sono perfettamente in accordo con quanti pensano che ponendo troppo l’attenzione sulle specificità avventiste, abbiamo rischiato di perdere di vista il principio protestante «sola Scrittura». Ho i miei dubbi, però, che molto del mondo protestante sia rimasto fedele a tale principio. Quindi, possiamo rimproverarci ben poco.

È sparito il «piccolo corno»
Termino con un accenno a quello che a me pare essere un ritocco esagerato sulla nostra interpretazione delle profezie di Daniele. È verissimo, come afferma la sorella White, che possono sorgere nella chiesa nuove luci alle quali prestare attenzione; un conto, però, sono le luci che illumineranno meglio la nostra teologia, un’altro conto sono gli abbagli.

L’idea che il piccolo corno, oggi, non è più solo la chiesa medievale, ma tutte quelle chiese che mirano alla sopraffazione o che si esaltano al di sopra delle altre, è una considerazione apprezzabile; ed è anche così, in senso lato. Ma nel senso profetico il piccolo corno è, e sarà anche alla fine, ciò che è sempre stato: una sola denominazone, risuscitata dopo una sua eclisse, che attirerà, come una calamita, tutte quelle chiese sì prepotenti, sì lontane dalla verità rivelata, sì decise a sopraffare. Queste chiese, molto simili al piccolo corno, saranno eliminate dal Signore, insieme al piccolo corno stesso (che è altra cosa rispetto a loro), alla sua venuta «col soffio della sua bocca» (2 Te 2:8).

Nuove luci, o errori del passato?
È da poco scomparso Desmond Ford, ex insegnante della Andrews University. Negli anni ’80 ricevette visibilità all’interno della chiesa avventista perché cominciò a mostrare seri dubbi sul principio giorno-anno. Tale principio, se negato, minerebbe alla base le nostre fondamenta teologiche e la nostra stessa esistenza come chiesa. Dopo anni di incontri e comitati, grazie ai quali si è ascoltato il fratello in questione, si è deciso di togliergli l’insegnamento; lui non ha voluto abbandonare le sue posizioni e i fratelli dirigenti hanno deciso, giustamente, che pur potendo restare un sincero avventista, non poteva insegnare in una nostra facoltà ciò a cui non credeva più.

Io, provenendo dal cattolicesimo, sono diventato avventista dopo la stupenda stagione di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II. Ciò mi ha preparato ad abbracciare la nuova fede proprio per la peculiarità del suo messaggio teologico, profetico e sociale. Mi sono sempre vantato di questo. Mi dispiacerebbe che un malcompreso abbraccio ecumenico mi privasse, non della stima dei fratelli di altre fedi, ma della certezza e delle peculiarità della mia fede. È saggio colui che non pretende di imporre agli altri il proprio punto di vista, ma è un pusillanime chi non tenta di mettere in chiaro le sue posizioni.

Non è nuova luce, per esempio, perdersi in un grigio anonimato. Mi sento di poter affermare con il profeta Zaccaria: «Così parla l’Eterno degli eserciti: In quei giorni avverrà che dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni piglieranno un Giudeo per il lembo della veste, e diranno: Noi andremo con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi» (8:23, Luzzi). Non credo che, applicando il testo ai nostri membri di chiesa impegnati nell’evangelizzazione, risulti antiecumenico. Come non credo assolutamente che ci siano «più avventismi» e ognuno possa scegliere quello che più gli aggrada. Ho la gioia, e il coraggio, di rispettare chi non la pensa come me; ma ho l’accortezza di non lasciarmi irretire da nuovismi e modernismi soft. Questa si che sarebbe una «nuova luce»: riconoscere che il Signore ha voluto un popolo che lasciasse l’impronta del suo amore per il mondo, negli ultimi istanti della storia.

«Allora disse loro: Per questo, ogni scriba ammaestrato pel regno de’ cieli è simile ad un padron di casa il quale trae fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie» (Mt 13:52).

 

Nota
1 Su questo tema hanno brillantemente esposto la questione il past. Samuele Barletta (cfr. La Parola incarnata), e George Knight (cfr. Ellen G. White, vita e opere), libri entrambi editi dalle Edizioni Adv.

 

 

Avventismi… in cerca d’autore

La conoscenza sta aumentando… come aveva detto Daniele

Offerta di materiale didattico sul libro biblico di Daniele

Luigi Caratelli – È da circa un anno che preparo del materiale sul libro di Daniele. Materiale che è ora a disposizione di tutti coloro che ne faranno richiesta.

Non avrei mai pensato che – coincidenza più che gradita – la stessa Conferenza Generale avesse preparato, per il primo trimestre 2020, la guida della Scuola del Sabato che ci permetterà di studiare e dibattere proprio questo libro.

Ricordo che qualcuno ha detto che il «caso», o la coincidenza se volete, è un altro modo che Dio utilizza per presentarsi agli uomini. Ma non è senz’altro un caso che all’interno di quelle pagine profetiche ci sia una promessa per noi, oggi: «Molti studieranno il libro con cura, e la conoscenza aumenterà» (Da 12:4).

La profezia, si sa, è un’arma a doppio taglio, e non certo per colpa della profezia stessa. Ricordo una sorella che ansiosa mi mostrava un video, fattole arrivare da un’altra sorella, nel quale, secondo lei, Trump aveva istituito la famigerata «legge sulla domenica». La rassicurai dicendole che il presidente americano aveva solo chiesto a tutti i rappresentanti religiosi degli Stati Uniti di pregare, la domenica successiva, per le vittime di un devastante uragano. Tutt’altro che la legge sulla domenica.

Ma il popolo avventista cade facilmente in tali equivoci, e la passione smodata per i segni dei tempi è dura a morire. Infatti, non sono riuscito a rassicurare un’altra sorella sul fatto che Dio proteggerà il suo popolo nei momenti più difficili. Lei mi chiedeva angosciata su quale montagna avremmo dovuto rifugiarci per scampare alle altrettanto famigerate persecuzioni. Non so se ora sia ancora in vita, ma sono sicuro che per circa 40 anni ha cercato di trovare la montagna salvifica. A scapito di una metà della sua esistenza che avrebbe potuto spendere nella gioia serena e nella fiducia nel Salvatore.

La stessa Ellen G. White rifiutò di predicare sulle profezie in una chiesa che raccoglieva parecchi fanatici del «segno» inequivocabile. Purtuttavia fu sempre lei a scrivere: «I giovani dovrebbero comprendere queste cose e sapere quello che accadrà prima della fine della storia. Questi eventi riguardano il nostro bene eterno, perciò insegnanti e studenti dovrebbero prestare maggiore attenzione» (Testimonies for the Church, vol. 6, pp. 128,129).

In Testimonies to the Ministers, alle pagine 112 e 113, invece scriveva: «È necessario, come non mai, uno studio più accurato della parola di Dio, e in modo particolare dei libri di Daniele e Apocalisse. La luce che Daniele ricevette dal Signore era stata data soprattutto per gli ultimi tempi».

E soprattutto perché, commettendo l’errore opposto delle sorelle menzionate, alcuni sono convinti che proprio la legge sulla domenica sia una favola avventista, un evento che non si realizzerà mai.

Per noi oggi
Ho potuto constatare la veridicità della promessa del libro di Daniele. Ho visto come i tesori contenuti in quelle poche pagine suscitano meraviglia non solo nelle nostre comunità. A causa della mia attività di conferenziere sono stato invitato in alcune nostre chiese a tenere delle conferenze sull’archeologia biblica, come seguito  della Bibbia Expo. In tale contesto ho presentato anche la profezia delle 70 settimane, la quale indica in maniera straordinaria – con 500 anni di anticipo – la comparsa pubblica del Messia.

Grazie a questo tema, che ha sbalordito i presenti, sono stato invitato a presentare la stessa conferenza da esponenti di chiese evangeliche e cattoliche presenti nelle sale delle città italiane che ho visitato: a esempio dal Sae (Segretariato Attività Ecumeniche), dai Gbu (Gruppi Biblici Universitari) e da alcuni pastori pentecostali. Proprio in una delle chiese pentecostali, nell’italia del sud, dopo la mia esposizione delle 70 settimane, il pastore locale ha pregato così: «Grazie Signore, per averci mandato questa luce». La luce delle profezie di Daniele.

Mi piace terminare con le parole dello storico avventista George Knight. Nel 2000 venne invitato alla sessione della Conferenza Generale di Toronto per tenere la meditazione di apertura; la intitolò: «Se io fossi il diavolo». Uno dei passaggi, che ritengo importantissimo per la nostra vita di chiesa, è il seguente: «Se io fossi il diavolo, farei sì che gli avventisti dimenticassero o almeno minimizzassero l’importanza della loro eredità profetica. Quando questa visione svanirà l’avventismo diventerà un’altra denominazione, senza mordente».

Penso che dobbiamo ringraziare il Signore per l’eredità profetica che ci ha donato, la studiarla con cura, diffonderla, costringendo così il diavolo a cercarsi qualcos’altro da fare, lontano dalle nostre chiese.

Il Signore utilizzi pure te per far risplendere nel mondo tali gioielli. Il materiale che metto a disposizione ha anche questo scopo: permetterti di organizzare a casa tua, o in chiesa, semplici riunioni nelle quali spiegherai tutto il libro di Daniele ad amici, parenti e interessati. Potresti essere un valido aiuto per il tuo pastore.

Grazie a Hope Media Italia questo materiale può essere richiesto scrivendo ai responsabili della redazione nazionale, o direttamente a me alla seguente email: l.caratelli@avventisti.it

I contenuti del materiale
A quanti ne faranno richiesta saranno inviati i seguenti file:

01 – Tredici power point, che illustrano tutto il libro di Daniele

02 – Tredici dispense, che fanno da guida ai power point

03 – Un Pdf, che raccoglie tre stupendi studi del nostro teologo Jean Zurcher sul principio giorno-anno, con informazioni inedite. Ringrazio Pierluigi Luisetti, gestore del sito www.letteraperta.it, che ha messo a disposizione questo materiale.

04 – Due power point indispensabili per determinare l’esatto anno della crocifissione di Gesù, utili a confermare storicamente la profezia delle 70 settimane, sempre grazie a Luisetti

05 – Uno studio, dettagliato, del past. Paolo Benini, sulle critiche rivolte da molti studiosi al libro di Daniele, e tutte le risposte, comprese quelle dell’archeologia biblica, che invece confermano le verità e la genuinità del testo sacro.

06 – Un power point, con relativa dispensa, sull’importanza del 1844 quale data dell’inizio della fine dei tempi.

07 – Un power point, con relativa dispensa, sul tema del «sonno dei morti» da utilizzare a piacere, quando nel capitolo 12 di Daniele si fa cenno a questa verità dottrinale (Da 12:13).

08 – Quattro power point, con relative guide, del past. Samuele Barletta. Dello stesso pastore si possono vedere e scaricare i relativi video pubblicati su Hope Channel Italia al link https://hopechannel.it/category/archivio-genova/page/11/

09 – Tutta la serie in audio, in collaborazione con Radio Voce della Speranza, sui vari capitoli. Da poter utilizzare e regalare a chi può ascoltare in auto.

10 – Una analoga serie in video, grazie alla collaborazione di Hope Channel Italia.

Tutto il materiale può essere inviato subito dopo la richiesta, tranne gli audio e i video che saranno inviati successivamente.

 

 

La parola e la Parola

La parola e la Parola

 

Graziano Capponago del Monte – Da qualche tempo anche in Italia è scoppiata la moda di festeggiare Halloween, un’usanza tipicamente americana che si rifà a un’antica tradizione celtica, secondo la quale nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre si apriva una comunicazione tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.

Così, come vediamo nei film americani, streghe, fantasmi, zucche scavate in foggia di mostri che contengono al loro interno una candela sono diventate un’occasione di festa per grandi e piccini. Locali e ristoranti fanno cospicui affari organizzando serate a tema con i partecipanti vestiti da streghe, diavoli, fantasmi. Inconsapevolmente e superficialmente si celebra il mondo dei morti in maniera banale e sconsiderata.

Ma cosa dicono le Scritture a proposito del mondo della magia? «Mentre andavamo al luogo di preghiera, incontrammo una serva posseduta da uno spirito di divinazione. Facendo l’indovina, essa procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava: “Questi uomini sono servi del Dio altissimo e vi annunziano la via della salvezza”. Così fece per molti giorni ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: “Io ti ordino, nel nome di Gesù Cristo, che tu esca da costei”. Ed egli uscì in quell’istante» (At 16:16-18).

Qualche tempo fa ero in viaggio con dei colleghi e colleghe e una sera, dopo cena, il discorso è caduto sui vari segni zodiacali, quello che all’inizio era semplice curiosità, per fare conoscenza, si è trasformato presto in un’appassionata discussione, «grazie» anche a una collega che era studiosa di astrologia, sapeva tutto dei segni e riusciva anche a fare gli oroscopi. Come potete immaginare è immediatamente diventata il centro dell’attenzione, con tutti che le chiedevano consigli e come sarebbe stato il loro futuro.

Io seguivo con molta curiosità la conversazione, pur non partecipandone direttamente. Quando mi hanno chiesto di che segno fossi, ho risposto semplicemente che ero nato il 18 dicembre e che non credevo assolutamente nell’astrologia. So benissimo che il 18 dicembre è sotto il segno del sagittario ma mi rifiutavo di avallare quello che noi sappiamo essere una falsità. Eppure, questa falsità è estremamente popolare. Giornali, riviste, televisione danno grande spazio all’astrologia, vista da una parte come una scienza, dall’altra come uno stimolo vitale, un qualcosa che facilita l’esistenza umana o, se non altro, come un innocente passatempo, un argomento di conversazione non impegnata.

Ma cosa dice la Parola?
«Non praticherete alcuna divinazione o magia…» (Le 19:26). Poi ancora: «Non vi rivolgete ai negromanti né agli indovini non li consultate per non rendervi impuri in mezzo a loro. Io sono il Signore vostro Dio» (v. 31). E subito dopo, capitolo 20:27, la condanna senza appello: «Se uomo o donna in mezzo a voi eserciteranno la negromanzia o la divinazione dovranno essere messi a morte».

Insomma, è chiaro che L’Eterno proibisce senza possibilità di equivoco tutto ciò che è magia e divinazione e la punizione è la morte senza appello. È a mio avviso significativo che in questi versetti l’autore ispirato non si dilunghi sul perché e il percome di questa proibizione, proprio a voler dire che su questo argomento non c’è da discutere e che il Signore ricordi la sua posizione divina per rimarcarla. Oggi, la conoscenza delle Scritture e l’evoluzione della storia ci porta a esaminare più criticamente le motivazioni del divieto e a capire quanto questo argomento sia subdolo e pericoloso.

Satana ci conosce, purtroppo, fin troppo bene. Sa quale sono i nostri desideri, le nostre debolezze e inclinazioni e, ingannatore e seduttore com’è, riesce a insinuarsi nei nostri pensieri, mistificando quello che è un abominio agli occhi dell’Eterno per trasformarlo addirittura in qualcosa di utile, di positivo, di consolatorio. Naturalmente è una falsità ma una falsità così bene orchestrata da essere difficilmente svelabile se non affidandosi completamente e con fiducia alla Scrittura.

Ci sono tre categorie esoteriche proibite nei versetti che abbiamo appena letto:
– divinazione;
– negromanzia;
– magia.

Tutte e tre fanno parte delle cosiddette scienze occulte, con delle differenze. Semplificando un po’ potremmo definirle in questo modo:
– la divinazione pretende di conoscere il futuro;
– la negromanzia è la consultazione degli spiriti dei morti;
– la magia è la capacità di fare accadere avvenimenti a proprio piacere.

Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con le Scritture avrà a questo punto capito già tutto, dove andrò a parare. Per semplificare utilizzerò d’ora in poi il termine «magia» per tutte e tre le categorie che ho elencato poco fa.

Magia è idolatria
In tutte le sue forme la magia è una forma di idolatria perché svia da Dio il culto di adorazione che passa direttamente (e spesso volontariamente) alla persona di Satana. Oppure passa ad altre persone o cose, in maniera apparentemente più innocente, quasi inconsapevolmente ma con gli stessi effetti. L’idolatria è condannata con termini severissimi nella Scrittura. Nell’Antico Testamento è definita abominio (Ez 7:20), oltraggio (Ne 9:18), iniquità e odio del Signore (Es 20:5). Nel Nuovo Testamento è associata alle opere della carne (Ga 5:19-20) e ha come condanna la morte eterna e l’esclusione dalla salvezza e dal Regno di Dio (Ga 5:21; Ap 21:8; 22:15).

Parlavo delle tre categorie esoteriche. Mi vorrei soffermare qui maggiormente sulla magia ma prima confutiamo divinazione e negromanzia.

Solo il Padre è onnisciente e conosce il futuro. Cristo stesso dichiara addirittura di non sapere quando sarà il momento del suo ritorno e che lo sa solo il Padre (Mt 24:36). Satana fa credere di poter conoscere il futuro dell’uomo ma in realtà può solamente determinarlo se gli si permette di farlo. E quando uno consulta un indovino, un mago, un astrologo permette a Satana di dirgli quello che ha intenzione di fare nei limiti concessigli dall’Eterno.

Facendo un esempio molto banale: se ora io dico a una persona che uscendo dalla chiesa troverà 100 euro e mi sono accordato segretamente con un altro che gli lasci la banconota davanti ai piedi quando questi esce, per il «beneficato» (ovviamente tra virgolette) io sarò una persona dotata di poteri magici. Satana fa lo stesso. Opera tramite i suoi angeli decaduti e, guardate, non sempre le azioni sataniche sono palesemente malvagie. Quello che a lui interessa è allontanarci da Cristo. Se, per esempio, sapendo che i soldi sono un nostro punto debole, ci fa arricchire e abbandonare la fede, per lui è un successo.

I morti dormono e non hanno più parte con questo mondo fino al ritorno di Cristo come vediamo, per esempio, in Ecclesiaste 9:5. Quindi, se non si consultano i morti, chi altro si consulta? Gli spiriti, che sono in grado di simulare le fattezze e la voce dei defunti, conoscendone perfettamente la vita. Certo per molti è una consolazione credere di potere continuare ad avere un rapporto con le persone che si sono amate ma, purtroppo per loro è solo un’illusione, un inganno orchestrato da Satana per diffondere la falsa teoria della vita dopo la vita e dell’immortalità dell’anima. Lo spiritismo che, forse non a caso, si è diffuso nel periodo storico in cui nasceva l’avventismo, è l’antireligione che si oppone al cristianesimo.

La magia è una sottile tentazione molto accattivante. Promette di ottenere facilmente potere, soldi, sesso… tutto quello che per il mondo è assolutamente solleticante. Ellen G. White, con Ezechiele, la definisce un abominio perché pretende di sottomettere al proprio volere la natura (e quindi Dio stesso).

AntiParola
Che sia cialtroneria, colpevole inganno o relazione con gli spiriti maligni, vorrei definire la magia come «la parola antiParola (con la P maiuscola)». La formula magica in opposizione alla Parola creatrice (che sappiamo essere Cristo). Il «voglio, comando, posso» satanico che porta a un appagamento immediato ed egoistico dei propri voleri, opposto alla volontà divina, all’ubbidienza e all’affidamento che si traduce in amore e nella beata speranza.

Ci sono due tipi principali di magia: quella nera e quella bianca. Entrambe sono sataniche, solo che la prima lo è chiaramente e opera palesemente per il male. Per intenderci, sono quei rituali di morte, di vendetta, di forzatura della volontà individuale, quello che potremmo definire «malocchio». Che differenza con la vera Parola! Come leggiamo in Giovanni «In lei [la Parola, cioè Cristo] era la vita e la vita era la luce degli uomini» (Gv 1:4). La magia bianca è più subdola perché, apparentemente serve ad «aiutare» le persone, a consolarle, ma ricordiamoci che Dio è libertà e qualsiasi forzatura della volontà, anche «a fin di bene» è contraria alla sua essenza.

Egoistica
Bianca o nera che sia, la magia ha sempre una valenza egoistica. Il sociologo, antropologo e storico delle religioni francese Émile Durkheim (1858–1917) faceva una distinzione tra religione e magia secondo la quale: «La religione è un culto ufficiale e pubblico compiuto dal sacerdote per tutto il gruppo sociale, mentre la magia è un rituale privato, sono dei riti eseguiti da un uomo che non riveste carattere pubblico, per interessi individuali». Cioè, mentre il pastore ma anche il sacerdote cattolico o di qualsiasi altra religione opera davanti al suo Dio e a favore della platea dei fedeli, l’azione del mago è una forzatura della divinità, un piegare i demoni, al volere dell’uomo per mezzo di formule e riti segreti.

La parola magica è così opposta alla preghiera. Ma non solo. Il mago parla con i demoni, si fa ispirare da loro, li interroga e ne riceve risposte e anche qui vediamo la tragica parodia della relazione che abbiamo tanto spesso letto nelle Scritture, del rapporto personale tra i profeti e Dio. Non appare allora casuale il fatto che tutte le religioni antiche abbiano prodotto indovini, astrologi, maghi in quanto intermediari ed espressione legittima del rapporto uomo-divinità con la sola eccezione degli ebrei che, invece avevano un rapporto diretto con Dio.

Una contraffazione
Dicevamo prima dell’opposizione antiparola-Parola. La magia è così una contraffazione dell’opera creatrice di Cristo, dei suoi miracoli e di quelli operati in suo nome. Luca, negli Atti degli Apostoli, insiste spesso sulla magia. In Atti 8:9-24 troviamo la storia di un tale Simone che praticava la magia in Samaria e che era reputato «la potenza di Dio». Questo Simone, è scritto, credette ma continuò a praticare le sue arti magiche arrivando perfino a offrire del denaro a Pietro per ottenere il potere di elargire lo Spirito Santo. Pietro lo condannò severamente invitandolo al ravvedimento e la fine della storia sembra indicare che questo Simone si sia effettivamente pentito. In Atti 13:6-12 si racconta di Elima, mago e falso profeta giudeo che si opponeva alla proclamazione a Cipro della parola di Dio da parte di Paolo che lo definisce così: «uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia» (v. 10). Ancora, in Atti 16:16-18 si parla di una schiava a Filippi che aveva uno spirito di divinazione e faceva guadagnare molti soldi ai suoi padroni come indovina. Paolo liberò la donna dallo spirito ma i padroni, che avevano perso la loro fonte di guadagno, lo denunciarono ai magistrati che lo incarcerarono insieme a Sila.

Avere a che fare con Satana è estremamente pericoloso. Con lui non si scherza. Anche coloro che gli sono «fedeli» sono soggetti alla sua crudeltà. Li utilizza come strumenti finché gli servono, poi non si fa nessuno scrupolo ad abbandonarli al loro tragico destino. Violenza, morte, sopraffazione, depravazione fisica e psichica aleggiano sempre su coloro che si lasciano sedurre dal male. Ci sono numerosissimi esempi di spiritisti famosi o meno finiti alcolizzati, in miseria, suicidi, in ospedali psichiatrici. In Atti 19:12-20 si parla di alcuni esorcisti itineranti giudei che a Efeso cercavano di scacciare uno «spirito cattivo» in nome di «quel Gesù che Paolo predica». La risposta dello spirito fu: «Conosco Gesù e so chi è Paolo ma voi chi siete?» (v. 15). E si scaglio con inaudita violenza sui malcapitati. La scena ha qualcosa di buffo, visto che i sette esorcisti dovettero scappare nudi e coperti di ferite, ma la conseguenza di quel fatto fu che «Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche di magia e un numero considerevole di persone che avevano esercitato arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano davanti a tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e si trovò che era di ciaquantamila dramme d’argento» (vv. 18, 19)”. Così, tanto per fare due calcoli, se pensiamo che una dramma pesava 4,46 grammi, il valore complessivo era 218 chili d’argento, cioè il salario di circa 137 anni di un bracciante.

Le Scritture squarciano le tenebre
Come credenti, dobbiamo rendere grazie a Dio perché ha voluto donarci le Scritture. Per mezzo di uno studio costante nel tempo oggi possiamo squarciare le tenebre della superstizione. Abbiamo ben chiaro il piano del nemico che consiste nel mistificare la verità, di confonderla con la menzogna, di mescolare il divino con l’umano, di allontanarci da Dio portandoci su una strada buia e isolata dove può fare di noi quello che vuole.

Il consiglio finale lo troviamo ancora una volta nella Parola, nel Nuovo Testamento, nella Prima lettera di Giovanni: «Carissimi, non prestate fede a ogni spirito ma mettete alla prova gli spiriti per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo» (1 Gv 4:1-3). Ancora una volta è in azione la parola antiParola. L’Eterno ci apra i cuori e le menti verso la verità.

Avventismi… in cerca d’autore

Omosessualità e amore: oltre i soliti slogan

 

Luigi Caratelli – Ho alcuni amici omosessuali e a nessuno di loro dirò mai che è un depravato. Anche perché la loro sensibilità non gli permetterà mai di giungere – come invece per alcuni eterosessuali, anche credenti – a picchiare le mogli, o di giungere alla tenebrosa esperienza del femminicidio. Ma tra accettazione sociale e convinzione religiosa vi è uno iato… spesso incolmabile. Le posizioni – non solo in ambito ecclesiastico – si polarizzano e si distanziano sempre più dissolvendo ogni possibilità di dialogo.

Nel contesto di una riunione assembleare in una nostra chiesa, stavo trattando, con delicatezza, il tema e alcuni giovani seguivano con interesse quando, come una mannaia, un membro, con la Bibbia aperta tra le mani, citando un testo delle epistole paoline, sentenziò: «Gli effeminati non entreranno nel regno dei cieli». E chiuse il discorso.

Il problema è tutto qui: chiusura del dialogo, convinti che la verità sia uno slogan, o anche una convinzione. Gli slogan uccidono, le convinzioni in dialogo si sviluppano.

I documenti della Chiesa avventista
Eppure, sul sito della Chiesa avventista è pubblicato un documento sul tema dell’omosessualità: basterebbe leggere. Ma anche qui, lo stesso testo – comunque non benedetto dal tocco dell’infallibilità – viene stiracchiato a beneficio delle opposte convinzioni. Spesso si cita solo la prima parte: «Riteniamo che ogni individuo, a prescindere dall’orientamento sessuale, sia amato da Dio. Non ammettiamo che alcun gruppo sia messo alla berlina, lasciato in balia della derisione e tanto meno dell’abuso». Ci si ferma qui, nell’idillio di un paradiso già conquistato qui sulla terra. E questa citazione, stupenda e in linea con i tempi, non viene completata con quanto segue nell’originale: «Tuttavia, la Parola di Dio, che trascende i tempi e le culture, non ammette uno stile di vita omosessuale. L’opposizione biblica al matrimonio e alle unioni fra persone dello stesso sesso trova fondamento nel piano divino per il matrimonio, rivelato alla creazione (Genesi 1:26-28; 2:20-24), nella legge divina (Levitico 18:22; 20:13; 1 Corinzi 6:9-11) e nell’esplicita conferma di Gesù di un rapporto matrimoniale permanente, monogamo ed eterosessuale (Matteo 19:4-6)».

Questa è la citazione completa del nostro documento; non una frammentazione a uso e consumo delle opposte convinzioni. Ci si scandalizza, dalle sponde del «soft», quando qualcuno, dalle sponde dell’«hard», stigmatizza l’omosessuale come peccatore; ma, ci si scandalizza anche quando si citano esperienze di omosessuali tornati a Cristo: sarebbe una forzatura, si dice, bisognerebbe lasciarlo com’è… tanto Dio stesso lo ama com’è. Anche questa posizione non contiene tutta la verità. Sono in corrispondenza con fratelli e sorelle avventisti che, a loro volta, hanno amici omosessuali; però – e questo non mi scandalizza – citano esperienze, dolorose ma entusiasmanti, di molti di essi che ritrovano la strada del vangelo abbandonando la loro precedente esperienza, grazie all’amore, all’accoglienza e alle proposte bibliche.

Amare non è sempre di moda
Non mi edificano le esternazioni – spesso riprese nelle nostre chiese – di alcuni teologi di fede protestante; un pastore di una delle chiese storiche dell’area riformata, così si esprimeva in televisione dopo avere sposato una coppia gay: «Il vangelo è amore, accoglienza». Apprezzo la sensibilità; starei invece molto attento alla parola amore, soprattutto quando per la sua coniugazione si prende in prestito il vangelo. È, questo, un «vangelo» che mi infastidirebbe sentir predicare nelle nostre chiese.

Ammetto di non poter più andare avanti nel mio articolo: il tema è delicatissimo. Posso però indicare riflessioni fatte con professionalità e senza partito preso.

Mi torna in mente un importante scritto sul tema dell’omosessualità nella Bibbia del pastore teologo Michele Gaudio, redatto soprattutto per i teologi ma fruibile da chiunque. Concludendo il suo lavoro, Gaudio dichiara: «Alla fine di queste riflessioni su quei pochi testi biblici che a nostro giudizio si esprimono con maggiore chiarezza in merito all’omosessualità, riteniamo di concludere che, alla luce delle Sacre Scritture, l’attività omoerotica, in qualsiasi forma, modalità e circostanza s’esprima è fuori dal progetto originario di Dio. Negli atti omoerotici l’uomo si priva di un ricco progetto divino le cui conseguenze per se stesso e la società che l’accoglie sono devastanti».

Equilibrate e dense di significato evangelico sono pure le parole di un altro nostro teologo, Giovanni Leonardi, che nell’introduzione allo scritto di Gaudio, dopo aver espresso la sua convinzione che lo stesso abbisogni di ampliamenti, fa le seguenti considerazioni: «La ricerca della verità non è un’esperienza facile e indolore. Il credente cristiano sa che può portare alla sofferenza, ma non è per questo da evitare. Anzi. Il cristiano ha ragionevolmente imparato che al di sopra della propria verità soggettiva, ne esiste una più grande, corrispondente alla Persona che ha osato dire e sostenere fino alla morte sulla croce: “Io sono la via, la verità, la vita”».

Dopo tale premessa, Leonardi si esprime più compiutamente: «A mio parere, assistiamo oggi a una ricerca spasmodica di “verità” normalizzatrici e legittimanti della posizione omosessuale, anche addomesticando la realtà per farla corrispondere ai propri presupposti o al proprio essere…».

«A me appare, come valutazione del tutto personale» conclude Leonardi «che l’attuale ricerca della normalizzazione dell’omosessualità, sia fondata sulla normalizzazione di una grande bugia, detta a se stessi con il consenso della società, anzi, tesa a convincere, a obbligare, la società a dirla insieme a loro. L’amore vero, il rispetto sincero, non ha bisogno di ridurre l’altro a immagine di se stessi. Se Gesù ci ha insegnato ad amare i nemici, tanto più dobbiamo amare chi ci è soltanto diverso… Amare può, in casi estremi, significare anche piangere insieme senza sapere offrire soluzioni, ma cercando con ogni mezzo legittimo di offrire ragioni per sorridere… La mia ricerca personale di una terminologia adatta, che onori le convinzioni del mio animo e sia quanto più rispettosa degli altri, mi ha portato a vedere l’omosessualità come una esperienza, un corpo, un cuore che hanno smarrito la strada».

Riflessione sulla guarigione di Bartimeo in Marco 10

Riflessione sulla guarigione di Bartimeo in Marco 10

 

Michelo Gaudio – Abbiamo un consenso quasi unanime sul fatto che l’opera di Marco fu il primo evangelo ad essere composto. Secondo le testimonianze dei Padri della Chiesa, venne scritto da Marco (discepolo di Pietro) a Roma e aveva come destinatari i cristiani romani provenienti dal paganesimo. Le testimonianze antiche invece divergono sul periodo di composizione, se prima o dopo la morte di Pietro (69 d.C.). Mentre è chiaro il suo progetto teologico. Marco scrive per ricomporre un ritratto di Gesù in funzione del discepolato a cui voleva spingere i suoi lettori. Marco vuole invitare il suo pubblico a identificarsi con i discepoli di Gesù per diventarne anch’essi. Marco è l’evangelista che racconta più azioni di Gesù rispetto ai discorsi: sono presenti 18 miracoli, ma solo 4 parabole e 1 discorso. Vediamo dunque uno di questi incontri-miracolo per trarne lezioni di discepolato.

Se avessimo una macchina del tempo e ci trasportassimo all’epoca di Gesù per incontrarlo, sicuramente lo troveremmo lungo le strade. Gesù era un predicatore sui generis, a differenza dei filosofi greci che disquisivano nell’Aeropago, dei Farisei che solitamente insegnavano nel tempio o nelle sinagoghe, Gesù era lungo le vie, tra la gente, un predicatore e un taumaturgo itinerante, viaggiava, si spostava in continuazione. Questa volta lo troviamo a Gerico.

Continua a leggere e scarica la riflessione, cliccando qui.

 

 

Avventismi… in cerca d’autore

La domenica sta arrivando?

 


Luigi Caratelli
– Ho scritto questa riflessione, esponendone le motivazioni in corso d’opera, dopo aver letto un articolo apparso sul quotidiano Il Messaggero di giovedì 14 febbraio: Giansoldati e Guasco riferivano del progetto del governo di chiudere i negozi in giorno di domenica. Il sottotitolo era fatto apposta perché si continuasse a leggere: «Incontro segreto in Vaticano». E qui vorrei esporre la prima motivazione che mi ha spinto a prendere «carta e penna».

Non lasciarsi ingannare dall’esterno
Un’apertura di articolo come quella dei giornalisti del Messaggero darà senz’altro la stura ai professionisti delle fake news via Facebook, sempre pronti, anche in buona fede, a far girare notizie incontrollate e, spesso, infondate. Purtroppo, è un tranello in cui cadono pure molti avventisti, desiderosi di vedere apparire il Signore tra le nuvole. Gesù apparirà, ma a tempo debito… e questo non è il tempo. E motiverò la mia convinzione. Partirei proprio dall’articolo in questione, dove è scritto nero su bianco: «Incontro segreto tra il vicepremier Di Maio e il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, sul tema dei negozi chiusi la domenica… Papa Francesco rivolgendosi ai fedeli aveva detto: “L’astensione domenicale dal lavoro non esisteva nei primi secoli: è un apporto specifico del cristianesimo. Fu il senso cristiano del vivere da figli e non da schiavi, animato dall’Eucaristia, a fare della domenica, quasi universalmente, il giorno del riposo”. Gli interventi della Chiesa sono aumentati di intensità e le voci nel mondo cattolico hanno fatto fronte comune. “Senza domenica non si può vivere” ha aggiunto il cardinale Gualtiero Bassetti».

Tutto qui? No, c’è dell’altro.

Tra le righe del quotidiano romano si poteva infatti leggere che molte categorie di lavoratori, mettevano in risalto il fatto che tale «legge domenicale» polverizzerebbe 80.000 posti di lavoro; che il fatturato dei giorni festivi è il 17% del totale per gli alimentari e il 22% per gli altri esercizi commerciali; che, come il sindaco di Milano fa notare, il modello della sua città funziona e serve nove milioni di turisti. Non proprio un coro di osanna. E il Vaticano non avrebbe nessun interesse a commettere l’imprudenza di spaccare l’Italia del lavoro, inimicandosi un gran numero di potenziali «sostenitori».

No, la domenica, almeno per ora, non sta arrivando. Così come non è giunta quando Trump dedicò una domenica speciale per pregare a favore delle vittime degli uragani.

Non lasciarsi ingannare dall’interno
La seconda motivazione che mi ha spinto a interessarmi del problema è di segno diametralmente opposto alla prima.

Nelle nostre chiese si sente sempre più spesso affermare che la convinzione avventista sulla futura promulgazione di una legge speciale riguardante la domenica è una favola, una sciocchezza. E tali persone motivano la loro convinzione ritenendo che quando scriveva di tale problema Ellen G. White si riferiva essenzialmente, anzi solamente, al suo tempo. Quindi, anche se non detto esplicitamente, la profetessa che Dio ha inviato alla sua chiesa negli ultimi giorni della storia del mondo,avrebbe preso un accecante abbaglio; e avrebbe fuorviato i credenti proiettandoli in tempi e situazioni che mai si avvereranno.

Mentre gli ossessionati dai segni dei tempi sussultano a ogni notizia ambigua, alcuni teologi cancellano ogni orizzonte profetico e annullano aneliti e speranze atte a preparare un popolo che deve incontrare il suo Dio. In questo caso, per questi ultimi, ugualmente dannosi quanto i primi, la domenica non arriverà mai.

Lasciarsi illuminare dai profeti
Detto francamente, a me non interessa quando Cristo apparirà alla sua seconda venuta; tecnicamente l’evento potrebbe non essere alla portata della mia breve esistenza. Quindi non mi preoccupo: amo Gesù, e questo, per me, è già il regno dei cieli.

E se dovessi veramente credere «ai suoi profeti» (Amos 3:7), il Signore, per mezzo di Ellen White, mi ha già detto che non devo temere nulla nel caso mi trovassi in quei giorni. Certo, sono i profeti canonici – non E. G. White – a dire che: «sarà un tempo d’angoscia, quale non se n’ebbe mai da quando esistono le nazioni» (Da 12:1); è Gesù – e non E. G. White – a ricordarci che: «allora vi sarà una grande afflizione; tale, che non v’è stata l’uguale dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà» (Mt 24:21 Luzzi). Ellen G. White ha soltanto proiettato l’inquietudine del Signore esattamente al tempo di distretta dove, nemmeno a dirlo, sarà proclamata proprio la legge domenicale.

Logicamente c’è profeta e profeta. Per Geremia, non sono investiti del ministero profetico quanti «curano alla leggera la piaga del mio popolo; dicono: “Pace, pace”, mentre pace non v’è. Ecco, dice l’Eterno: “Io vengo contro i profeti che fan parlare la loro propria lingua… e traviano il mio popolo con le loro menzogne… benché io non abbia dato loro alcun ordine, ed essi non posson recare alcun giovamento a questo popolo”» (Gr 8:11; 23:31,32 Luzzi).

Portare «giovamento al popolo», questo l’incarico dei profeti… anche quando annunciano minacce e dolori.

Il periodo detto degli «ultimi giorni», non sarà caratterizzato da «pace e sicurezza», ma da «tribolazioni» e da una iniqua legge domenicale.

Se gli avventisti, invece di ascoltare sirene tranquillizzanti, studiassero il testo biblico e quanto è scritto nel libro Profeti e re riguardo alle vicende degli amici di Daniele nella fornace ardente, imparerebbero ciò che sarà di «giovamento» alla loro vita spirituale. Per esempio non sarebbero in angoscia al pensiero di dover affrontare il tempo della fine, quando Ellen G. White vede la promulgazione della domenica, «il periodo di distretta che si va profilando davanti al popolo di Dio» scrive «richiederà una fede incrollabile. […] È necessario rimanere fedeli alla verità anche a costo della prigione, dell’esilio e della stessa morte. Come ai giorni di Sadrach, Mesach e Abdenego, alla fine dei tempi il Signore agirà con potenza in favore di coloro che si schiereranno saldamente dalla parte della giustizia. Colui che camminò con i tre giovani nella fornace ardente sarà con i suoi fedeli ovunque essi siano. La sua presenza sarà per loro una fonte di conforto e di sostegno. Nella più terribile delle persecuzioni che si ricordino nella storia i suoi eletti rimarranno incrollabili. Satana, con tutti i suoi eserciti, non potrà distruggere neppure il più debole dei santi di Dio. Alcuni angeli potenti li proteggeranno e l’Eterno si manifesterà a loro come “il Dio degli dei” in grado di salvare tutti coloro che hanno fiducia in lui» – pp. 512, 513 versione inglese.

Forse la domenica non sta arrivando… ma ci sarà, sicuramente. E Dio proteggerà il suo popolo.

 

Avventismi… in cerca d’autore

Incontrare l’altro… (?) grazie!

 

Michele Gaudio – Il termine ecumenismo è una parolina che in alcuni perfino pronunciarla è sufficiente per scatenare i sentimenti più avversi. A causa di un abuso del vocabolo esso è diventato per qualcuno sinonimo di tradimento della verità, comunione con l’avversario, pericolo per la genuinità della fede, per altri espressione d’ipocrisia. Confusione e disinformazione dilagano e molti pregiudizi vengono sollevati.

Credo che siamo davanti a un tema importante sul quale dovremmo riflettere criticamente, evitando le banalizzazioni e i luoghi comuni. Il concetto di ecumenismo è poliedrico, ragion per cui è necessario precisarlo e definirlo. Esiste nella pratica una sua manifestazione che per semplificare possiamo definirla dei vertici, e ne esiste una più territoriale che per capirci chiameremo di base o locale. Una tale bifocalità ci obbliga a muoverci su due fronti che sebbene su alcuni aspetti s’intersecano su altri invece divergono notevolmente. È bene quindi evitare di sovrapporli e mantenere un certo grado di lucidità.

Continua a leggere e scarica lo studio del past. Michele Gaudio cliccando qui.

 

Avventismi… in cerca d’autore

L’onorevole Ceresani, Satana e gli avventisti

 

Luigi Caratelli – Hanno fatto molto scalpore le dichiarazioni pubbliche dell’onorevole Cristiano Ceresani, Capo di Gabinetto del Ministro per la famiglia e le disabilità dell’attuale governo, quando ha dichiarato l’esistenza di Satana e la sua responsabilità negli eventi catastrofici nell’ecosistema. In realtà, come gli ho scritto quando l’ho contattato, la teoria è abbastanza scontata in casa evangelica; soprattutto nell’avventismo. Ellen G. White, circa 200 anni prima, aveva scritto cose simili (c’è anche da aggiungere che molte altre cose dette dall’uomo politico non trovano assonanza con le nostre vedute teologiche).

Ovviamente, sia Ceresani sia E. G. White sono concordi nel riconoscere l’azione distruttiva dell’uomo sulla natura; senza che sorga necessità di chiamare in causa l’avversario di Dio. Purtuttavia, Satana sarà l’agente principale quando, alla fine dei tempi, si succederanno disastri di ogni genere. Ellen G. White lo spiega così: «Prima che il Figlio dell’uomo appaia… la natura sarà sconvolta».1 E ancora: «Satana si serve anche degli elementi… Egli ha studiato i segreti dei laboratori della natura… è già all’opera, provocando incidenti e disastri sulla terra e sul mare: incendi, uragani, tempeste, grandinate, inondazioni, cicloni, maremoti e terremoti in ogni luogo e sotto mille forme… Distrugge le messi quasi mature e provoca carestia e distretta; inquina l’atmosfera, e migliaia di persone sono vittime di epidemie. E queste calamità saranno sempre più frequenti e disastrose».2

La scrittrice conclude affermando che l’avversario fa tutto questo perché poi gli uomini attribuiscano la colpa a Dio e lo bestemmino.

Insomma, non è che la terra «si ricordi» che Cristo sta tornando, ma è Satana che colpirà il creato come un «leone ruggente»,3 «sapendo di non avere che breve tempo».4 E comunque stiano le cose, agli avventisti interessa soltanto non farsi coinvolgere in indagini e terrori immotivati, ma lasciarsi avvolgere dalla consolante promessa di Gesù che, anche in quei momenti finali della storia, chi ci sarà può felicemente «rialzare il capo», perché la sua «redenzione è vicina».5

Un posto per l’avversario
Nelle dichiarazioni di Ceresani è implicita anche la certezza dell’esistenza stessa di Satana. E qui, dobbiamo dirlo: non tutti gli avventisti, anche se teologi, sono disposti ad ammetterne l’esistenza; quantomeno non ne vogliono parlare, ritenendo l’argomento niente più che un incidente di percorso nelle luminose pagine del vangelo.

Concordo sul fatto che nelle conversazioni tra credenti deve risaltare più il nome di Gesù, che quello dell’avversario: non solo sarebbe evangelico, ma anche terapeutico; avremmo più cristiani liberi e gioiosi, invece che morbosamente ossessionati dagli aspetti del male. O intimoriti da esso. Risulta però indubbio che, come scrive Ellen G. White: «Molti cristiani, e perfino dei ministri del Vangelo, sembrano ignorare l’esistenza di Satana. Solo raramente lo menzionano dal pulpito; trascurano l’evidenza della sua costante attività, della sua scaltrezza e del suo successo».6

Il problema è evidenziato con arguzia e sarcasmo dal filosofo polacco Leszek Kolakowsky. Nel suo agile volume Conversazioni con il diavolo, lo scrittore immagina una conferenza stampa tenuta da Satana nella città di Varsavia; conferenza che ha lo scopo di farsi pubblicità presso i contemporanei. E Satana esordisce: «Naturalmente io so che voi non mi credete più… Ciò che importa è che la mia opera di distruzione continui. Tuttavia l’incredulità sembra partire proprio da me. Sembra più facile scartare il demonio, poi si passa agli angeli, poi alla Trinità e infine a Dio… A volte entro nelle chiese e ascolto le prediche, capita proprio raramente che un predicatore si ricordi di parlare di me dal pulpito».7 Poi, il demonio si rivolge direttamente ai teologi, che così apostrofa: «Perché mi ignorate signori?… avete paura di essere presi in giro dagli scettici, di essere messi in ridicolo negli spettacoli del sabato sera? Voi avete paura di una cosa sola, di essere ritenuti sorpassati, di essere tacciati di medio-evo, di ricevere l’infame accusa di essere non-moderni… non scientifici… non industrializzati… Nella vana speranza di riuscire a stare al passo con gli scettici, con i vostri compiacenti compromessi e diplomazie… È sintomatico e strano il fatto che il mio nome risuoni solo occasionalmente e solo sulla bocca degli atei. Essi lo ricordano senza alcun imbarazzo… E voi vi chiamate cristiani? Cristiani senza il diavolo?».8

Un altro nome importante nell’ambito della letteratura cristiana è quello di Andrè Frossard; anch’egli, nel suo libro 35 prove che il diavolo esiste, ipotizza un intervento del demonio negli affari degli uomini, facendogli scrivere delle lettere che indirizza a un generico redattore. In una di queste lettere, Satana recrimina alcune peculiarità di cui si sente privato: «Caro signore» egli scrive «rappresentarmi con le corna, i piedi forcuti e una coda bifida o a tridente è un’indegnità, un errore e una menzogna. Tutte queste elucubrazioni mi hanno causato notevole pregiudizio. Esse tendevano a dimostrare che il Male, di cui io sono considerato l’indiscussa personificazione, porta all’animalità e genera mostri. Ora, è stabilito dai vostri migliori teologi, che io in realtà sono il più bello degli angeli… Come potrei essere in grado di sedurre, se fossi quel ridicolo animale con artigli?».9

Anche lo scrittore Clive Staples Lewis, famoso per aver scritto l’opera Le cronache di Narnia, in un suo libricino, pure in questo caso usando l’espediente epistolare, fa parlare il demonio, avendo cura di avvertire che: «Vi sono due errori, uguali e opposti, nei quali la nostra razza può cadere nei riguardi dei Diavoli. Uno è di non credere alla loro esistenza. L’altro, di credervi, e di sentire per essi un interesse eccessivo e non sano. I Diavoli sono contenti d’ambedue gli errori e salutano con la stessa gioia il materialista e il mago».10

D’altronde, Baudelaire ha scritto che: «La più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste».

Un essere sconfitto
Per una «sana demonologia» bisognerebbe riflettere spesso sulle seguenti dichiarazioni: «Quando i credenti umilmente invocano (Dio) per aiutarli, il più debole di essi appoggiandosi saldamente su Cristo, può respingere efficacemente il Maligno e le sue schiere».11 «Satana attaccò Cristo… ma fu sempre respinto. Quelle battaglie furono combattute in nostro favore, quelle vittorie ci consentono di vincere a nostra volta. Cristo darà forza a tutti coloro che la cercano. Nessuno può essere sopraffatto da Satana senza il suo consenso, perché il tentatore non ha il potere di dominare la volontà e costringere l’anima a peccare: egli può angosciarla, ma non può contaminarla».12

I cristiani non hanno certo bisogno di fare pubblicità a Satana, ma è «terapeutico» sapere che egli esiste, e che è un essere sconfitto; dal quale siamo protetti dalla potenza e dall’amore di Dio.

 

Note

1 The Seventh-day Adventist Bible Commentary, vol. 7, p. 946.
2 E.G. White, La grande speranza, Ed. Adv, Firenze, 2012, p. 504.
3 1 Pietro 5:8.
4 Apocalisse 12:12, versione Riveduta.
5 Luca 21:28.
6 E.G. White, Il gran conflitto, Ed. Adv, Firenze, p. 370; vedi anche La grande speranza, 2012, p. 435.
7 L. Kolakowsky, La chiave del cielo. Conversazioni con il diavolo, Gdt n.138, Queriniana, 1982, p. 173.
8 Ivi, p.174.
9 A. Frossard, 35 prove che il diavolo esiste, Sei, Torino, 1978, pp. 13, 14.
10 C.S. Lewis, Le lettere di Berlicche, Mondadori, Cles, 1998, p. 3.
11 E.G. White, I tesori delle testimonianze, Ed. Adv, Falciani, vol. 1, p. 79.
12 Idem, La grande speranza, Ed. Adv, Firenze, 2012, p. 437.

Il ruolo delle donne nella Bibbia

Il ruolo delle donne nella Bibbia

 

Michele Gaudio – Le motivazioni che ci hanno portato a produrre questo lavoro sono gli interrogativi che a volte alcuni credenti di varia estrazione confessionale si pongono riguardo al ruolo delle donne nel servizio d’adorazione, domande che in qualche modo esigevano e forse continuano a esigere risposte. Il presente saggio s’inserisce nell’impegno che la società post-moderna opera per l’uguaglianza di genere, le lotte contro ogni forma di discriminazione e sopruso e il riconoscimento dell’apporto positivo della figura femminile anche su fronti tradizionalmente considerati maschili.

In ambito ecclesiastico, il movimento migratorio di credenti provenienti da altre parti del mondo, che spostano con loro anche un patrimonio storico-culturale, esperienze, tradizioni, comprensioni e sensibilità differenti sull’argomento, ha contribuito a rendere necessario un approfondimento biblico. Nelle comunità cristiane, nelle quali la parola di Dio occupa un posto normativo e formativo, è legittimo chiedersi, davanti a situazioni nuove o a nuovi quesiti, se e cosa la Bibbia dica in merito. Il distinguo tra ciò che il testo dice e quanto invece vuole dire è spesso oggetto di discussione e dibattito.

Uno studio teologico sulla figura e sul ruolo femminile nella Bibbia in rapporto al culto sarebbe l’ideale ed auspicabile, purtroppo il tempo a nostra disposizione non ci permette una simile ricerca. Non è escluso che ciò possa avvenire in futuro e che questo elaborato possa costituirne una prima tappa, oppure se non si dovesse andare in quella direzione, lo stesso potrà essere rivisto e ampliato per tentare di rispondere a futuri interrogativi. Considerata la diversità uomo-donna e le loro rispettive peculiarità, sarebbe molto interessante affrontare l’argomento anche dal punto di vista sociologico, pedagogico e psicologico, analizzando gli apporti di queste discipline in funzione del culto comunitario e dei ruoli ecclesiastici.

Ricordiamo che le prime comunità cristiane si svilupparono nelle case, in un ambiente diremo domestico, in cui la donna era protagonista. Quale contributo potrebbe aver dato il genere femminile alla diffusione del primo cristianesimo? Utile potrebbe essere anche uno sguardo storico che permetta di capire come la donna sia stata considerata nel corso del cristianesimo e quali apporti vi abbia fornito. E infine, ma non meno importante, sarebbe necessario sviluppare un approccio pastorale mirato, che faciliti, attraverso una mediazione interculturale, la produzione di un linguaggio comune e il dialogo fra posizioni diverse all’interno di una comunità sempre più cosmopolita. Ma in questi ambiti non siamo competenti, speriamo che altri possano cogliere queste piste di ricerca.

In questa ricerca ci siamo limitati a considerare alcuni passaggi neotestamentari che riteniamo maggiormente incisivi a riguardo: 1 Co 11:2-16; 14:34-35; Ef 5:21-33 e 1 Ti 2:11-15. Le osservazioni su di essi saranno di natura strettamente esegetica e teologica. La letteratura specialistica oggi disponibile riguardo a questi testi biblici è abbondante e non sempre unanime. Nella nostra breve esposizione ci prefiggiamo di offrirne una sintesi unitamente a un nostro contributo personale. Come noto, ogni approfondimento sulla parola di Dio non è mai terminato, per cui anche nello studio di questi quattro brani biblici il nostro apporto non ha pretesa di esaustività e completezza.

Troppo spesso l’apostolo Paolo viene accusato di misoginia, da parte di teologi, commentatori e singoli credenti, a causa di alcune sue dichiarazioni che imporrebbero alle donne il silenzio e una sottomissione all’uomo-marito nel servizio d’adorazione. Di riflesso la vocazione religiosa femminile, chiamata e missione, viene spesso e in alcuni ambiti religiosi ad essere svalorizzata, ridotta e squalificata.

Riconosciamo due problemi di fondo: il primo è sul piano testuale, mentre il secondo è sul piano della sua ricezione. Sul piano biblico constatiamo che accanto a questi brani, che per adesso definiamo negativi-proibizionisti, troviamo esempi di donne che su chiamata divina svolsero missioni importanti, leggiamo anche frasi che nobilitano e onorano la figura femminile, e il suo operato. Perché Paolo dunque avrebbe dovuto usare espressioni così perentorie? Siamo davanti a parti della Bibbia in tensione tra loro? Se invece non c’è contraddizione, come poter conciliare dichiarazioni ed esperienze apparentemente così diverse e contrastanti? Sul piano della ricezione del testo da parte del lettore moderno, invece, ci si potrebbe chiedere come in un’epoca in cui la donna ha raggiunto, a livello sociale, culturale e professionale, l’uguaglianza con l’uomo, in una società in cui le pari opportunità sono promosse e garantite, queste frasi paoline possano essere accolte in modo sensato e ragionevole come parola di Dio. Crediamo che sia quantomeno doveroso interrogarsi su come questi brani possano armonizzarsi con l’insieme della rivelazione biblica, produrre senso ed essere utili ai credenti della post-modernità.

È chiaro che come credenti che ritengono la Bibbia la sola norma di fede e di condotta, non è pensabile piegare i testi biblici alle nostre esigenze, oppure avventurarci in acrobazie interpretative che le giustifichi. È l’uomo che deve flettersi alla parola di Dio e non il contrario. Le Sacre Scritture sono per tutte le epoche e ogni uomo di ogni periodo storico e cultura possono ascoltarle, comprenderle e applicarle nella propria esperienza di vita e di fede.

Tuttavia, non sarebbe male esaminare un po’ più da vicino le tensioni testuali prima evidenziate, per vedere se il contrasto sia oggettivo, oppure, se il problema risieda nei criteri di lettura dei testi. Sarebbe interessante vedere se con un approccio più scientifico, che rispetti il testo, questi brani non solo non entrino in contraddizione con il resto della Bibbia, ma addirittura siano compatibili con le esigenze del mondo di oggi e con l’attuale status della donna.

Ci si può chiedere inoltre se, oggi, una subordinazione tale come prevista ai tempi della Bibbia possa essere una porta aperta alla promozione o addirittura alla legittimazione di casi di soprusi e prevaricazioni di cui la donna è ancora vittima. Su questa scia potremmo infine chiederci se addirittura il mancato riconoscimento o il fatto stesso di ostacolare una vocazione femminile, su qualsiasi fronte, possa essere in se stesso considerato un atto di violenza. Viste tutte queste e forse altre implicazioni, che spaziano dal campo teologico a quello etico, psicologico e sociologico, vale la pena prenderci del tempo per rivedere i testi.

Uno sguardo veloce della storia sarà sufficiente per evidenziare come il genere femminile non abbia goduto di molto apprezzamento. La maggior parte dei commentatori delle Scritture, siano essi antichi, moderni e contemporanei, sono maschi e hanno avuto, e forse hanno ancora, sul testo biblico uno sguardo dal punto di vista maschile. Tutto ciò, combinato a tradizioni culturali che andavano nella stessa direzione, ha determinato che pregiudizi e una discriminazione di genere continuassero ad accompagnare la figura femminile nella storia. Di fatto il ruolo della donna è mutato solo nella società post-moderna e ciò ha comportato che sempre più spazio le venisse concesso, anche nell’ambito ecclesiale e liturgico.

Sul limite del suo ruolo esistono le posizioni e le sfumature più variegate, ognuna delle quali ritiene trovare nella parola di Dio un sostegno alla propria comprensione. Non mancano posizioni estremamente polarizzate e rigide che non favoriscono un dialogo sereno. Coloro che sono favorevoli che ella abbia una funzione attiva equiparata a quella maschile, come ad esempio un ruolo dirigenziale, come coloro che non lo sono, spererebbero di trovare nella Bibbia un chiaro «Così dice il Signore…», ma non esiste! Entrambi gli schieramenti usano alcuni testi biblici che sembrano vadano a loro favore, mentre ne trascurano altri.

Vorremmo evidenziare come in assenza di testi espliciti, i criteri con cui si scelgono, si leggono e si applicano alcuni di essi è determinante. Occorre a riguardo una grande lucidità e onestà intellettuale. Il vero e unico problema del ruolo delle donne nella liturgia a noi sembra non sia di natura teologica ma solo d’ordine ermeneutico e culturale. La difficoltà risiederebbe non sui testi ma sulla loro lettura, sul loro significato, sulla pertinenza e il valore che gli si accorda, sulle chiavi che si usano per decodificarli.

Tutto ciò rende la nostra trattazione molto difficile in quanto si tratta di esplicitare concetti articolati, operare una lettura transculturale che risulta spesso complessa da capire e accettare per quanti sono inclini a letture bibliche superficiali e «pronte all’uso». Proponiamo al lettore d’intraprendere questa strada, che è difficile rispetto a quella «manualistica», ma è quella che probabilmente darà risposte serie, equilibrate e obiettive. Non siamo sicuri di riuscirci, ma ci proviamo. Non pretendiamo e non è nostra intenzione dibattere, convincere, né essere esaustivi, ma solo condividere e proporre un approccio rispettoso nell’uso dei testi e del messaggio d’insieme della rivelazione biblica.

Riportiamo alla memoria 2 Timoteo 3:16-17 il quale oltre ad affermare che ogni Scrittura è ispirata da Dio, dedica molto più spazio a dichiarare la funzionalità di tale ispirazione: «…utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare…». Quattro verbi utilizzati per enfatizzare l’aspetto non solo normativo, ma anche formativo della Bibbia; ciò indica che dovremmo aspettarci dalla parola di Dio una rettifica delle proprie vedute, anche verso quelle più consolidate, e non solo e sempre un’approvazione. Siamo disposti a decostruire un personale mondo referenziale, che spesso esiste solo nella nostra mente, per accettare una ricostruzione che lo Spirito Santo vuole operare in ognuno di noi e nella sua chiesa?

 

Scarica l’intero studio sul ruolo delle donne nel servizio d’adorazione.

Parlare di omosessualità oggi

Parlare di omosessualità oggi

 

Michele Gaudio – Parlare di omosessualità oggi, sia in ambito laico che religioso, significa entrare in un’area delicatissima. È un argomento che affascina e inquieta allo stesso tempo, che unisce e divide. Un tema attuale destinato molto probabilmente a restare tale molto a lungo. Un tema che suscita grandi emozioni e sul quale esistono significative diversità di vedute, sia sul fronte di chi la giustifica, sia su quello di chivi si oppone. Purtroppo, la sua trattazione è spesso accompagnata da una buonadose di disinformazione e di luoghi comuni, per entrambi gli schieramenti, che non facilitano un dialogo sereno e costruttivo.

È evidente che nella nostra società postmoderna, accettare l’omosessualità sia diventato, nell’immaginario collettivo, un segno di progresso culturale, di evoluzione positiva del pensiero e di avanzamento nelle conoscenze intellettuali, una sorta di acquisizione di status symbol. Alcontrario, chi la comprende diversamente rischia di apparire come ancora relegato nel lontano passato, un inetto, qualcuno in ritardo con i tempi. Ognuna di queste posizioni estreme genera conseguenze dal forte impatto sociale, culturale e religioso. Dal fronte di chi è polarizzato a favore si può generare un’accettazione acritica, mentre da parte di coloro che la rifiutano possono avere origini sentimenti d’intolleranza. Forse è doveroso un invito a cercare una mediazione, una riflessione attenta che bilanci e che eviti gli assolutismi con le relative conseguenze.

Riteniamo che una genuina e attenta ponderazione sui veri motivi alla base dell’accettazione o del rifiuto sia necessaria. In generale, le argomentazioni addotte da coloro che sono favorevoli spaziano tra i temi del rispetto, dell’accoglienza, dell’uguaglianza sociale e della parità dei diritti. Ma le motivazioni possono essere anche altre, e non sempre rivelate o consce. Troviamo coloro i quali non sono sufficientemente informati sulla tematica, o addirittura disinteressati, e quindi seguono il «trend». Può capitare che, per alcuni, schierarsi dal lato di chi difende l’omoerotismo possa essere il frutto di pressioni o convenzioni sociali; in altre parole, un metodo per essere al passo con i tempi e con la massa. Essere diversi spesso crea, in soggetti deboli, imbarazzo e disagio, molti preferiscono adeguarsi. Inoltre, non essere in linea con un’intera comunità scientifica può essere intellettualmente e professionalmente pregiudizievole, per cui potrebbe a parere di alcuni valere la pena adeguarsi. Non è improbabile ritrovare anche chi difende l’omosessualità per motivi di vicinanza affettiva a una persona cara.

Abbiamo anche chi l’accetta per anticonformismo o, addirittura, anticlericalismo. Alcuni costruiscono la propria identità personale sul contrasto e la differenza, sulla polemica verso i valori, la chiesa o il sentire civico comune. Possono essere presenti anche altri motivi ma evitiamo di prolungare l’elenco. È fondamentale allora capire fino in fondo, o almeno provarci, a prescindere dagli «slogan» e dalle influenze dei media, e chiedersi, in tutta coerenza, perché scegliamo una posizione anziché un’altra. Chiedersi da cosa e da chi siamo orientati o guidati nelle nostre scelte.

Riscontriamo che il discorso sull’omosessualità è diventato anche una sorta di movimento ideologico-culturale, spesso strumentalizzato a livello politico in quanto portatore di altri ideali. A volte assume i toni non tanto di una sensibilizzazione verso il rispetto di un’alterità, ma piuttosto urla di pretesa legittimazione. Perfino il linguaggio ne risulta minato e sospetto. Il vocabolario che si usa, nonostante le buone intenzioni di fondo, rischia di prestarsi facilmente a fraintendimenti.

Il tema dell’omosessualità può essere affrontato da diverse prospettive: psicologica, clinica, storica, antropologica, giuridica, sociologica, politica, etica, religiosa, ecc. Noi scegliamo, in questo breve studio che proponiamo, la prospettiva religiosa. Ma anche questa è troppo ampia, dobbiamo ancora compiere delle scelte. Tutte le dimensioni della prospettiva religiosa ci interessano: biblica, pastorale ed ecclesiale, ma non possiamo affrontarle tutte, per ovvi motivi di tempo, spazio e competenze. Riteniamo indispensabile, opportuno e prioritario affrontarla unicamente dal profilo testuale, da un’angolatura prettamente biblica, versante sul quale non mancano le idee più diversificate.

Ci rendiamo conto delle importanti restrizioni che imponiamo alla nostra ricerca e che ciò possa non essere condiviso, ma è inevitabile compiere delle scelte e prendere una posizione. Secondo i princìpi della Riforma di Sola Scriptura, dal profilo testuale dipendono le altre dimensioni della prospettiva religiosa. Seguendo questa via, non siamo dimentichevoli del dramma di tanti che, vivendo una esperienza omosessuale, soffrono profondamente per le conseguenze del loro diverso orientamento. Bisogna certamente considerare le sofferenze umane di chi vive l’omosessualità, da una parte, e le mutazioni antropologiche, sociologiche, psicologiche che una totale accettazione implica, dall’altra. Come pastore avventista ho il dovere di riempire di grazia la legge di Dio, e di valorizzare la legge in ogni discorso sulla grazia. C’è tra queste due esigenze una tensione che spesso diventa lacerazione, ma è insopprimibile per chiunque voglia fare un discorso onesto davanti agli uomini e davanti al loro Creatore e Padre.

Ci rivolgiamo a un pubblico eterogeneo, non pretendendo in primo luogo di convincere, ma sperando in tutta sincerità di condividere in modo convincente. Ci indirizziamo soprattutto a coloro per i quali le Sacre Scritture hanno ancora importanza come orientamento etico-spirituale per l’individuo e la società. Siccome gran parte dell’orientamento favorevole all’accoglienza dell’omosessualità si sostiene anche su una interpretazione neutrale o favorevole dei dati biblici, vorremmo in maniera molto semplice verificare questa comprensione. Vorremmo capire se la Scrittura parla dell’omosessualità e, se sì, in che termini, limiti, modalità e prospettive. Ci chiediamo se la Parola di Dio offra all’uomo delle indicazioni, una strada da percorrere o da evitare. Per un credente è importante conoscere il pensiero del proprio tempo, ma ancor più il messaggio che proviene dalla rivelazione divina. Riteniamo che i paradigmi che devono guidarci non possano essere le mode, il «trend» moderno, le novità applaudite dai media, ma la santa Parola di Dio. L’apostolo Paolo, scrivendo a Timoteo, afferma che la Scrittura ha il compito di «…correggere ed educare alla giustizia» (1 Ti 3:16-17). Non è quindi la Bibbia che deve adeguarsi alle tendenze dell’uomo. Il credente compie un movimento centrifugo quando parte dalla parola di Dio e cerca di trarre degli insegnamenti etici per l’oggi, ma ne compie uno centripeto quando cerca di comprendere il presente riportando tutto alla luce della Scrittura. Noi vorremmo leggere la Scrittura restando in continua dialettica tra questi due movimenti.

Prima di proporre lo studio desideriamo dire che in esso noi scindiamo le persone dai loro comportamenti. Come credenti, partiamo dal presupposto che tutti gli esseri umani sono degni di stima, rispetto, accoglienza, onorabilità, e godono indifferentemente di ogni diritto. Siamo tutti figli di Dio a pieno titolo, beneficiari della grazia e della mansuetudine di Cristo. Il cristiano, le chiese, qualunque religione che abbia come riferimento Dio, la politica e la società civile nel suo insieme devono bandire ogni forma di omofobia o discriminazione di qualsiasi natura ed entità. Nessun giudizio di valore sulla persona in quanto tale dovrebbe essere pronunciato. Cogliamo anche l’occasione per manifestare la nostra piena solidarietà verso quanti subiscono umiliazioni o vessazioni di ogni sorta a causa delle loro scelte e per la loro diversità.

Infine, riteniamo che ogni dialogo sull’atteggiamento omosessuale non può prescindere da una riflessione anche sull’eterosessualità. Anche in quest’ultima possono coesistere derive, a volte più latenti e insidiose della prima. Ogni discussione sulla sessualità deve necessariamente essere olistica e mai unilaterale. Spesso siamo confrontati a casi in cui l’esercizio della sessualità è ancora legata non alla tenerezza, all’affettività, o ai sentimenti, quanto al controllo dell’altro, allo sfogo, alla forza e all’esercizio di un potere, in cui la donna è percepita come una proprietà dell’uomo, come oggetto e non come soggetto. Anche questo genere di approcci eterosessuali è da condannare, in quanto anch’essi derive del progetto di amore che Dio ha previsto all’origine per le sue creature. Nello studio che trovate in fondo all’articolo, ci siamo soffermati su un aspetto, quello dell’omosessualità, ma niente è mai concluso ed esaustivo. Su questo tema vi è sempre spazio per maggiori approfondimenti e contributi anche diversificati. In quest’ottica ognistudio ulteriore sarà il benvenuto.

Scarica l’approfondimento «Omosessualità e Sacra Scrittura».

Avventismi… in cerca d’autore

Eravamo quattro gatti… in piazza

 

 

Riflessioni sul papato attuale.

Luigi Caratelli – Un giornalista della terza rete della televisione pubblica è stato severamente redarguito dal Vaticano, e ripreso dall’allora direttore di rete, Antonio Di Bella, quando, a metà luglio del 2009, aveva osato «offendere» Benedetto XVI in un suo servizio.1 In realtà l’offesa, se tale si può definire, consisteva nella constatazione che in Piazza S. Pietro, a seguire le omelie del pontefice, c’erano ormai solo i proverbiali «quattro gatti». Insomma, il giornalista riferiva, con una punta di sarcasmo, ciò che era sotto gli occhi di tutti: il disamore dei cattolici nei confronti di Benedetto.

Io invece, senza fare stramazzi, constatavo – come il giornalista sotto accusa – che a settembre 2018 ad ascoltare le prediche di papa Francesco di «aficionados» ne stazionavano in numero uguale, se non più assottigliato, del suo predecessore. Sì, papa Francesco, secondo informati opinionisti, è in caduta libera: tanto per l’ala «destra» della cattolicità, quanto per l’ala «sinistra»; ovviamente per opposti motivi.

Criticare senza essere criticoni
Per quanto riguarda il soggetto trattato in questo articolo, mi spiegherò meglio riferendo quanto mi ha detto un carissimo amico pastore. Aveva partecipato a un convegno ecumenico, e in una pausa era stato avvicinato da un cardinale che gli aveva rivolto una domanda diretta: «Voi avventisti, cosa pensate della Chiesa cattolica?». La risposta del pastore è stata altrettanto diretta ed estremamente significativa: «Noi pensiamo che il sistema sia anticristico, ma al suo interno ci sono cristiani sinceri da apprezzare». Il cardinale apprezzò anche lui la risposta.

Il prelato cattolico aveva capito che criticare qualcuno non vuol dire fare azione da disfattista, bensì mettere sul tavolo delle discussioni i propri principi, la propria fede e le proprie scoperte nel campo dell’interpretazione biblica. Criticare – se lo si fa con rispetto – permette all’altro di maturare scelte impensabili e formative. Quante volte ho ringraziato di cuore, e senza falsi pentimenti, chi mi ha rivolto delle critiche.

Dire, come il mio amico pastore, che non tutto va nelle tue affermazioni ma che ti rispetto comunque, significa fare critica costruttiva; e l’interlocutore (cardinale o chi altro) non può che apprezzare.

Invece, penso non sia sano chiudere occhi, orecchie e pensiero critico, solo perché oggi va di moda fare i liberal fuori tempo massimo. Non è saggio essere più buoni di Dio.

Che ne è della Riforma
Per essere conseguente con la mia impostazione di critico-non criticone, vorrei partire da un evento che riguarda il protestantesimo e che non è possibile far passare sotto silenzio. Il 29 marzo 1994, decine di esponenti cattolici e protestanti firmarono un documento intitolato «Evangelici e Cattolici insieme: la missione cristiana nel terzo millennio». Il giorno dopo, il 30 marzo, Usa Today scriveva: «Questa è una dichiarazione storica… i leader sollecitano… a non svolgere più una attività evangelistica di proselitismo,… e a non discutere più sugli argomenti teologici che li differenziano».2 Ho già evidenziato questa problematica in un articolo precedente.

Siamo perfettamente d’accordo che molti cattolici, soprattutto oggi – anche spesso contro la loro stessa istituzione – siano in fermento positivo e fautori di stupende iniziative evangeliche (basti pensare a sacerdoti coraggiosi che hanno perso la vita opponendosi a mafie e prepotenze costituite, spesso benedette dalle loro gerarchie). Qui, come affermato dall’amico pastore, si sta parlando di sinceri credenti. Ciò non toglie che sia doveroso, quando è possibile, indicare loro le perle teologiche di cui siamo forniti noi avventisti (criticare, con rispetto, un sistema anticristico).

Raccomandazioni ufficiali

Il 12 novembre 1991 la Regione Intereuropea (Eud) della Chiesa avventista pubblicava un suo documento con le seguenti raccomandazioni: «Noi crediamo che la Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno, in quanto parte della cristianità, sia stata suscitata da Dio in un’epoca precisa per proclamare a tutta l’umanità il “Vangelo eterno” prima del ritorno di Cristo. Questa concezione del nostro mandato non esclude però il fatto che noi vediamo lo Spirito Santo manifestarsi ugualmente in altre chiese cristiane e comunità di credenti. Non possiamo unirci al Cec [Consiglio Ecumenico delle Chiese, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, ndr] a causa della nostra lealtà verso le Sacre Scritture, noi restiamo aperti a ogni tipo di relazione interconfessionale che non metta in questione la nostra concezione specifica».

Il 16 marzo 2002, l’Unione italiana, a sua volta, chiariva la sua posizione rispetto al soggetto «ecumenismo»: «La Chiesa Cristiana Avventista ha sperimentato che la posizione migliore da assumere in rapporto ai vari organismi che riuniscono diverse confessioni religiose a livello nazionale, regionale e mondiale, è quella di osservatori-consulenti». Insomma, un esplicito «fin qui e non oltre». Detto con onestà e rispetto per gli interlocutori.

È cambiato qualcosa?
Non sono pochi gli avventisti convinti che con papa Francesco la Chiesa cattolica abbia superato di molto l’infamante appellativo di «anticristica». Possiamo gettare la spugna, ci viene detto, oggi il cattolicesimo non è più quello del Medioevo.

Io credo che ci è sempre richiesto l’impegno di amare gli appartenenti di qualunque religione, a prescindere se questa mostri, o no, segni di cambiamento; anche se la religione in questione, nei suoi dogmi, nei suoi ordinamenti e nelle sue tradizioni rimane anticristica. Il punto è proprio questo: l’adesione alle verità evangeliche. E su questa piattaforma il cattolicesimo ha molto da correggere.

Siamo rimasti tutti colpiti dalle ripetute scuse – da Giovanni Paolo II fino a Francesco – che la gerarchia cattolico-romana ha espresso per il male fatto alle donne, agli indios, ai neri, ai protestanti, agli ebrei, alle vittime dei pedofili, ecc.3 Avremmo però gradito molto di più una parallela riforma dottrinale in senso evangelico: infatti restano in piedi teorie e dogmi «anticristici» quali l’inferno, il purgatorio, la confessione auricolare, il culto dei morti, dei santi, della madonna e molte altre cose ancora. Su questo fronte niente di nuovo.

Probabilmente devono essere lette con accortezza le parole di Ellen White che, con una panoramica abbracciante passato e futuro, scrive: «Si vide mai Cristo mandare gli uomini in prigione o sul rogo perché non gli tributavano l’omaggio che gli era dovuto? Oggi la chiesa romana si presenta al mondo con aria di candida innocenza, e copre di giustificazioni la storia delle sue orribili crudeltà. Ogni principio elaborato dal papato esiste tutt’ora. Essa conserva le dottrine elaborate durante i secoli bui. Perciò che nessuno si inganni».4 È indubbio che molti fedeli cattolici desiderino cambiamenti e riforme più decisi, e che nel futuro aumentino le aspirazioni a un’adesione più stretta al vangelo; quindi, rimaniamo a osservare.

Non è cambiato niente
Marco Marzano, autore del libro La chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata, proprio sulla figura dell’attuale pontefice scrive: «Il suo pontificato è, da ogni punto di vista, tutto fuorché rivoluzionario: la Chiesa Cattolica rimane perfettamente immobile, dando però l’impressione di aver avviato un clamoroso cambiamento».5 E la preoccupazione di Marzano, come lui stesso spiega in molti suoi interventi pubblici, è suscitata dalla Curia, dal sistema che la regge. Anche la scelta del pontefice è delegata non al popolo di Dio, ma a una ristretta cerchia di anziani gerarchi che sanno interpretare i «segni dei tempi» per perpetuare il cattolicesimo di sempre.

Marzano, essendo cattolico progressista, vorrebbe riforme diverse da quelle auspicate dai fondamentalisti,6 e chiosa che le fake news su Francesco «attorniato dai lupi»,7 o osteggiato dalla curia, siano soltanto una fiaba fatta circolare da alcuni giornalisti e scrittori: in realtà, gli oppositori reali alle «riforme» di Francesco sono soltanto pochi teologi tradizionalisti.

Ancor più critici sono gli arcinoti Discepoli di verità (religiosi cattolici che mantengono l’anonimato), i quali scrivono: «La drammatica rinuncia di papa Ratzinger… ha indotto i poteri occulti che governano la Chiesa di Roma e che si combattono nelle faide curiali, a propiziare l’elezione (di) Bergoglio… capace di permettere la quadratura del cerchio: far credere che al vertice della Chiesa tutto sia cambiato per lasciare tutto immutato… nel moderno Occidente più del vero conta l’immagine… Infatti l’immagine «rivoluzionaria» di papa Francesco è per l’appunto solo l’immagine, messinscena e rappresentazione mediatica. La caratura innovativa e riformatrice di papa Bergoglio è tutta e solo una rappresentazione, una commedia destinata al gregge dei fedeli tramite i mass media».8

Infine, un’osservazione più che qualificata è quella del famoso vaticanista Sandro Magister. Per quest’ultimo esistono due papa Francesco: il primo che «rivoluziona la chiesa… che chiude le dogane del dogma e spalanca le porte della misericordia»; e il secondo per il quale: «la musica cambia» perché «la vecchia curia… è ancora lì tutta intera. Niente è stato smantellato… Nonostante tutto i media continuano a vendere il racconto del papa “rivoluzionario”, ma il vero Francesco ne è sempre stato più lontano».9 Poiché, continuano i Discepoli di verità: «come e più del predecessore Giovanni Paolo II (in gioventù attore di teatro), papa Bergoglio è un vero teatrante… che a colpi di populismo e demagogie… ha miracolosamente capovolto l’immagine della Chiesa cattolica da opulenta a decadente, a povera e per i poveri. L’immagine appunto».10

Potremmo avere delle riserve sull’appellativo «teatrante», ma per il resto non si rileva esagerazione alcuna.

E noi avventisti?
Ellen White, con grande anticipo su Marzano e una folta schiera di autori moderni, aveva chiarito che: «Il papato è esattamente ciò che la profezia aveva annunciato, è apostasia degli ultimi giorni. Fa parte della sua politica assumere l’aspetto che meglio si adatta ai suoi disegni per riuscire ad attuarli».11

Scrive ancora E. White: «Molti insistono che non è giusto giudicare la chiesa di oggi in base alle abominazioni e alle crudeltà che caratterizzarono il suo dominio durante i secoli dell’ignoranza e delle tenebre. Ne scusano le orribili crudeltà attribuendole alla barbarie dei tempi, e dicono che l’influsso della civiltà moderna ha mutato i suoi sentimenti».12 Poi aggiunge: «Nella confessione cattolico romana vi sono dei sinceri cristiani. Migliaia di membri di quella chiesa servono Dio secondo la luce che posseggono… Dio osserva con pietosa tenerezza queste anime… e provvederà perché dei raggi di luce… rivelino a esse la verità. Molti allora si schiereranno con il suo popolo».13

È esattamente la visione del mio amico pastore: criticare un sistema anticristico non è un peccato; quel che conta è ricordarci delle migliaia di fedeli sinceri che ne fanno parte. Con loro – laici o ecclesiastici che siano –il dialogo non solo è possibile, ma imprescindibile.

Verranno tempi difficili, ma noi dialogheremo sempre con tutti, rispettando tutti e camminando con tutti. Senza timore di dire chi siamo e in che cosa crediamo. A questo siamo chiamati.

D’altronde il vangelo non è altro che un sorriso – il nostro – dietro il quale si nasconde il desiderio di Dio di abbracciare il mondo. Anche quando siamo costretti a criticarlo.

 

Note

1 «Quattro gatti per il Papa», bufera sul Tg3 Di Bella, Corriere della Sera, 13 luglio 2009.
2 Cfr. A. Pellegrini, Quando la profezia diventa storia, p. 593.
3 Cfr. soprattutto L. Accattoli, Quando il Papa chiede perdono, Mondadori, 1998.
4 E. White, La grande speranza (Il gran conflitto), Adv, Firenze, 2012, p. 488.
5 Micromega, aprile 2018, p.19.
6 M. Mazza, Bergoglio e pregiudizio, Editrice Pagine, Roma, 2018.
7 M. Politi, Francesco in mezzo ai lupi, Laterza, Bari, 2014.
8 Discepoli di verità, La croce e le spine di papa Francesco, Kaos edizioni, Milano, 2015, pp. 7, 8.
9 Ivi, p. 8.
10 Ibidem.
11 E. White, Op. cit., p. 489.
12 Ibidem.
13 Ivi, p. 483, 484.

 

Avventismi… in cerca d’autore

Un grazie lungo 15 anni

Claudio Coppini – Ho inviato al pastore della mia chiesa di Firenze, al presidente dell’Unione e al fratello Corrado Cozzi poche righe di ringraziamento dopo 15 anni ininterrotti della mia presenza nella chiesa. Desidero condividerle.

Sono passati 15 anni dal mio arrivo a Villa Aurora e nella chiesa avventista. Era il marzo 2003 quando fui colpito da un annuncio radio che invitava a partecipare a un ciclo di conferenze, per me rivelatesi «galeotte», su Saulo da Tarso (che poi diventerà l’apostolo delle genti, già da allora il mio preferito). Ricordo ancora oggi con viva emozione e coinvolgimento quegli incontri e i relatori di ciascuna serata: Raffaele Battista, Giovanni Fantoni, Giuseppe Marrazzo, Hanz Gutierrez, Filippo Alma, Rolando Rizzo. Per me quelle serate furono formidabili e in una lettera che scrissi e consegnai ai relatori l’ultima sera, le definii come 6 cene paoline.

Di acqua ne è passata sotto i ponti e chi l’avrebbe mai detto che, da quei giorni lontani, oggi sarei stato ancora qui con lo stesso entusiasmo, convinzione e amore. Eppure ci sono, consapevole di un percorso fatto che mi commuove e mi responsabilizza sempre più nella sequela di Cristo, nell’amorevole impegno verso la nostra comunità e con uno sguardo attento alla città che ci ospita. Ma la cosa che più tengo a manifestarvi e a manifestare pubblicamente è il mio profondo ringraziamento a tutti e a ciascuno per avermi fatto sentire dal primo istante a casa, uno di famiglia.

È un ringraziamento senza fine all’amore di Gesù, reso evidente anche attraverso di voi; amore e disciplina che mi hanno permesso di rimettere insieme diversi pezzi della mia vita fino a prendere consapevolezza dei miei talenti e di imparare a maneggiarli. Ci sono state delle situazioni difficili, faticose e anche dolorose, ma non è venuta mai meno la fiducia, e la speranza con la maturità degli anni si è fatta più ardente.

Ho tante belle relazioni di amicizia e di fraternità che valgono più di un tesoro. A proposito di tesoro vi rivelo un segreto che ha a che fare con un versetto biblico e me.

«Perché là dov’è il tuo tesoro lì sarà anche il tuo cuore» (Mt 6:21). 15 anni fa mi immersi per diversi giorni dentro questo versetto e alla fine ne uscì parola viva, incandescente…

E da quel momento decisi che il mio tesoro era Cristo e la sua chiesa.

 

Pin It on Pinterest